Crescono i numeri dei lavoratori da remoto nelle grandi imprese italiane che trovano in questa modalità di operare anche una via per far fronte al rincaro energetico, e nei Business Center una concreta opportunità per orientarsi verso nuovi modelli di configurazione del workplace. Facciamo il punto con Fiorella Crespi, Direttrice dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano
Benché l’adozione dello Smart Working in Italia abbia registrato nell’ultimo periodo una battuta di arresto all’interno di PA e PMI, non vi è più alcun dubbio che questo modello di lavoro sia destinato a diffondersi, come dimostra il consolidamento di questo modo di lavorare all’interno delle grandi imprese. Ancora forse troppo legato al concetto di misura emergenziale (se ieri era la pandemia, oggi è il rincaro energetico a spingere diverse realtà pubbliche e non verso questa direzione) e al solo lavoro da remoto, lo Smart Working sta velocemente dimostrando tutti i suoi punti di forza per lavoratori e aziende che non solo rivoluzionano il proprio modello organizzativo, ma anche gli spazi. Di tendenze, vantaggi, cambiamenti legati al lavoro agile ne parliamo con Fiorella Crespi, Direttrice dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano.
Smart Working vs smart working
Partiamo da una precisazione: c’è lo Smart Working vero, e c’è poi lo smart working, quello che la gente chiama così, ma invece sarebbe meglio associarlo a ciò che è nella sostanza: lavoro da remoto.
“Dobbiamo considerare che per come lo intendiamo noi, lo Smart Working è un qualcosa di un po’ diverso rispetto a quello che abbiamo fatto durante la pandemia, e che molte aziende stanno continuando a fare pure chiamandolo Smart Working”, inizia sottolineando questo aspetto fondamentale Fiorella Crespi. “Secondo la nostra definizione da Osservatorio lo Smart Working è una modalità di lavoro in cui le persone hanno flessibilità e autonomia nella scelta di luogo (che non vuol dire però lavorare solo e sempre da casa), degli orari di lavoro, e degli strumenti e delle tecnologie da usare per lavorare a fronte di una responsabilizzazione sui risultati. Ne conviene che lo Smart Working non è semplicemente lavorare da casa, ma creare una cultura organizzativa basata sul raggiungimento dell’obiettivo”.
I vantaggi del vero Smart Working
Fatta la dovuta precisazione, ne approfittiamo per rivedere insieme alla Direttrice dell’Osservatorio i vantaggi dello Smart Working per aziende e lavoratori.
“Il vero Smart Working è una soluzione vincente perché dà benefici alle aziende, alle persone e alla società nel suo complesso − afferma Fiorella Crespi −. Se ci concentriamo sulle aziende, un approccio di lavoro per obiettivi porta le persone ad essere più produttive, quindi a dare di più in meno tempo e in generale a migliorare le proprie performance personali, nonché aziendali. Proprio perché le persone hanno più autonomia, che deriva da una maggiore fiducia che l’organizzazione ripone su di essi, fanno il loro meglio, la maggior parte almeno, e quindi questo si traduce in risultati migliori.
Altro vantaggio per l’azienda è un maggiore employee engagement: le persone, in un clima di trasparenza, fiducia e autonomia sono più coinvolte nel loro lavoro ed entusiaste. Questo è ovviamente un vantaggio per l’azienda poiché riduce il rischio di abbandono. Lo Smart Working diventa così una leva per trattenere i talenti, ma anche per attrarli. Se infatti prima della pandemia lo Smart Working era un nice to have, oggi si potrebbe dire che è fondamentale: le aziende che non lo offrono rischiano di essere penalizzate sul mercato dei talenti, e sappiamo tutti, visto il contesto attuale, quanto questo sia rischioso.
E poi ovviamente c’è anche tutto il tema di ottimizzazione dei costi. Là dove lo Smart Working presenti una componente da remoto un po’ più spinta è possibile per le organizzazioni rivedere la configurazione degli spazi e ottenere anche del saving.
Per quanto riguarda i lavoratori, invece, il vero Smart Working permette di avere tutta una serie di benefici in termini di conciliazione vita-lavoro, ma non solo, poiché i lavoratori, quelli motivati, traggono anche piacere nel fare bene il proprio lavoro ed essere valorizzati. Benessere psicologico e relazionale sono altri elementi legati allo Smart Working. Infine, naturalmente, anche la componente del risparmio gioca un ruolo importante”.
I numeri dello Smart Working in Italia
Stando ai dati dell’ultima edizione dell’Osservatorio Smart Working i lavoratori da remoto oggi sono circa 3,6 milioni, quasi 500 mila in meno rispetto al 2021, con un calo in particolare nella PA e nelle PMI; mentre si rileva una leggera ma costante crescita nelle grandi imprese che, con 1,84 milioni di lavoratori, contano circa metà degli smart worker complessivi.
Ma perché PA e PMI hanno ridotto lo Smart Working? “Ci sono alcuni elementi in comune e poi alcune peculiarità”, ci racconta Crespi. “Il tema culturale è un tema comune, nel senso che fare Smart Working significa appunto imparare a lavorare per obiettivi, e questo soprattutto nel pubblico non è una logica così diffusa. In più, sempre per quanto riguarda le PA, il timore che possa impattare negativamente sul livello di servizi offerti al cittadino ha spinto anche l’organo politico a frenarne l’adozione e favorire il lavoro in presenza. Questa scelta ha legittimato le PMI, dove il controllo visivo spesso predomina ancora sul controllo del risultato, a tornare indietro appena si è potuto. Sul ritorno al passato delle PMI, bisogna anche tenere presente la tipologia di attività legata magari alla produzione, che difficilmente si sposa bene con questo modello di lavoro”.
E cosa sarà domani? “Se però guardiamo in prospettiva futura, i dati ci confermano che nel privato lo Smart Working continuerà a consolidarsi e anche nella PA la prospettiva pare essere positiva, forse anche a fronte del cambio di guida politica. In un’intervista a La Stampa il neo Ministro della Pubblica Amministrazione Zangrillo ha infatti dichiarato come sia sbagliato pensare che lo Smart Working non funzioni e invece basta solo organizzarsi; affermazione dunque che lascia ben sperare per i dipendenti della PA desiderosi di maggiore flessibilità. Invece, per quanto riguarda il trend nelle piccole medie imprese e nelle micro imprese si conferma una discesa. È quindi su questo comparto che bisogna un po’ più fare attenzione. In alcuni casi il calo è fisiologico proprio per la natura delle PMI; tuttavia non torneremo ai livelli pre-pandemici dove in realtà erano veramente molto poche le imprese che lo utilizzavano”, spiega la Direttrice.
Il lavoro da remoto conviene a tutti
“Che lo Smart Working consenta un risparmio economico per aziende e lavoratori lo conferma sempre l’Osservatorio secondo il quale, considerando il caso standard di un lavoratore che operi due giorni a settimana da remoto, egli, a conti fatti, detraendo dal risparmio sui trasporti i costi legati ai consumi domestici di luce e gas, arriva a mettere in tasca circa 600 euro l’anno. Considerando la medesima ipotesi, l’azienda, attraverso un processo di ottimizzazione dell’utilizzo degli spazi volto a isolare aree inutilizzate e ridurre i consumi, arriverebbe a risparmiare invece sino a 500 euro l’anno per ciascuna postazione”, afferma Fiorella Crespi. Non a caso diverse aziende private e pubbliche stanno rinforzando lo Smart Working proprio in quest’ottica predisponendolo obbligatoriamente di lunedì e/o venerdì. È il caso di Tim, per esempio, ma anche del Comune di Firenze che ha scelto questa formula per poter chiudere gli uffici tre giorni di seguito. Inoltre, bisogna tenere presente come riduzione degli spostamenti e diminuzione del dispendio energetico nelle sedi (al netto dei consumi domestici) apportino anche un concreto beneficio all’ambiente riducendo le emissioni di CO2 di circa 450 Kg annui per persona.
Come cambiano gli spazi di lavoro con lo Smart Working
La diffusione dello Smart Working sta rimodellando anche gli spazi di lavoro all’interno delle imprese. “Le aziende si stanno muovendo da un lato verso la riconfigurazione dei propri luoghi di lavoro, che prevedono ora sempre meno spazi individuali per attività di concentrazione che possono essere svolte in maniera efficace magari da un altro luogo, ad esempio dall’abitazione, e invece più spazi di collaborazione, comunicazione, interazione sociale, con l’ufficio che diventa sempre più un luogo per socializzare e intensificare le relazioni tra colleghi, con clienti e con partner. Dall’altro guardando verso nuovi modelli di workplace identificati dall’Osservatorio, tra questi il modello Club House nel quale le persone lavorano in parte in sede e in parte da remoto, e la sede, dotata di spazi per incontri con esterni, rappresenta un luogo identitario per i lavoratori; infine il modello Hub and Spoke dove le persone possono lavorare, oltre che dalla sede centrale (hub) e da remoto, anche da uffici satellite o spazi di coworking (spoke) in prossimità della propria abitazione”.
Business Center e coworking, una soluzione per il lavoro di oggi e di domani
Riprendendo i dati dell’Osservatorio prima citati, se al risparmio energetico le aziende associano la decisione di ridurre gli spazi della sede del 30%, il risparmio può aumentare fino a 2.500 euro l’anno a lavoratore. Ecco, dunque, come strutture esterne pensate e predisposte per ospitare lavoratori quali i Business Center si inseriscono perfettamente all’interno di questa strategia offrendo alle imprese spazi all’avanguardia dotati di tutte le caratteristiche per consentire di lavorare in maniera efficace anche lontano delle sedi aziendali, o addirittura, in luogo di esse, eliminando costi di affitto di spazi ormai sproporzionati e inadatti alle nuove esigenze.
“I Business Center sono sicuramente un’ottima alternativa sia per le realtà già presenti sul territorio che per quelle che vi arriveranno”, afferma Crespi. “Il Business Center permette infatti di fruire, oltre che degli spazi, di tutta una serie di servizi che sono molto utili. Per le aziende che magari hanno persone che si muovono sul territorio nazionale, per esempio, avere nelle diverse città dei punti di riferimento con degli spazi adeguati che le loro persone possono utilizzare sia per riunioni interne, ma anche per invitare colleghi e clienti, è sicuramente una soluzione molto interessante che permette, in una logica di efficienza delle risorse, di avere uno spazio adatto per il lavoro, senza doversene caricare tutti gli oneri.
Inoltre, se l’immagine del lavoratore alienato in casa davanti ad un monitor è ormai un po’ superata considerando che, passato l’isolamento forzato da lockdown, oggi mediamente un lavoratore trascorre metà del proprio tempo in ufficio, nella sede centrale o in sedi satelliti, tuttavia, è vero anche che non tutti hanno a casa un contesto che permette loro di essere efficaci nel lavorare. In questo quadro, avere degli spazi in prossimità della propria abitazione, o comunque facilmente raggiungibili, che siano un’alternativa è fondamentale perché permette di risparmiare i tempi di percorrenza casa-lavoro e nello stesso tempo trovare un ambiente idoneo per lavorare. Importante però che tali spazi di coworking presentino una serie di attenzioni alla sicurezza, all’ergonomia, alla stabilità della rete e verso tutti quei requisiti necessari per lavorare”, conclude Fiorella Crespi.