Il lavoro ibrido “non è più soltanto un vantaggio per i dipendenti, ma rappresenta ormai un’aspettativa”. È quanto ha dichiarato recentemente Ranjit Atwal, Senior Director Analyst di Gartner, sulla base delle stime della società di analisi statunitense. Stime in base alle quali entro la fine del 2023 il 51% dei cosiddetti “knowledge worker” degli Usa opererà in modo ibrido. Tendenza che dovrebbe affermarsi, sebbene con numeri inferiori, anche in Europa. Nel caso del nostro paese, a giudicare dagli ultimi dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, nel 91% delle grandi imprese italiane i dipendenti lavorano da remoto mediamente per 9,5 giorni al mese. Percentuale non così alta nella pubblica amministrazione e nelle PMI, ma comunque altrettanto significativa. Quindi, se si adotta la definizione di Gartner secondo la quale gli hybrid worker sono coloro che vanno in ufficio almeno un giorno a settimana, allora si può dire che anche in Italia il lavoro ibrido è già realtà.
In che modo il lavoro ibrido cambia i modelli di workplace
Se il lavoro ibrido è il paradigma che si sta affermando in gran parte delle organizzazioni, questa circostanza apre la strada ad alcune sfide sul fronte dei workplace. Ad esempio, tra le previsioni contenute nell’IDC FutureScape: Worldwide Future of Work 2023 Predictions, una sostiene che entro il 2024 il 55% dei manager a livello globale utilizzerà la tecnologia di pianificazione intelligente degli spazi per reinventare le sedi degli uffici. Non più quindi luoghi statici con postazioni fisse alternate a sale riunioni, ma workplace modulari a cui accedere sulla base di una turnazione che da una parte ottimizzi gli ambienti e dall’altra risponda meglio alle esigenze di coloro che vi sono ospitati. Questo tipo di tecnologia è funzionale all’integrazione con quell’ecosistema definito da IDC Intelligent Digital Workspace (IDW) la cui adozione entro il 2026 dovrebbe determinare un aumento del 70% dei risultati aziendali. L’IDW segna una rivoluzione non soltanto sul versante tecnologico, ma sul paradigma stesso con cui di solito è concepito il legame tra lavoratore e mezzi di produzione.
La rivoluzione dell’Intelligent Digital Workspace (IDW)
In sostanza, l’IDW intende portare un cambiamento fondamentale nella modalità attraverso la quale le persone usufruiscono delle risorse di cui necessitano per svolgere le rispettive mansioni. A differenza dell’approccio tradizionale, in cui dipendenti si spostano per poter usufruire soprattutto di una adeguata dotazione informatica, questo modello mette loro a disposizione la tecnologia e i dati a prescindere da dove si trovino. In questa maniera si assicura la disponibilità delle risorse in qualsiasi momento e ovunque, rendendo fluido il passaggio da un contesto all’altro, che è proprio la caratteristica tipica del lavoro ibrido. Tanto che i fornitori delle location che accolgono gli hybrid worker oggi non si limitano a proporre spazi idonei al fabbisogno di aziende e lavoratori, ma offrono un portafoglio di soluzioni tali da rendere il lavoro ibrido una formula conveniente per i suoi utilizzatori. Il che si traduce in un mix di ambienti fisici, piattaforme digitali e servizi che serve a massimizzare il valore del workplace.
Perché il lavoro ibrido è sinonimo di smart working
La massimizzazione del valore del workplace è probabilmente la sfida principale del lavoro ibrido nel 2023 e per gli anni a venire. Infatti, la dicotomia tra remote working e presenza in sede potrebbe mettere in ombra l’effettivo vantaggio di una “contaminazione” di entrambi. Il concetto di smart working, tradotto nella normativa italiana (Legge 81/2017) con quello di “lavoro agile”, spesso tende a essere confuso con l’home working. Ma i disagi di un lavoro condotto esclusivamente dal proprio domicilio sono emersi con forza soprattutto durante la pandemia. Ciò che rende davvero “smart” la collaborazione invece è la flessibilità di cui le persone possono godere in termini di orari e luoghi. Per questo il lavoro ibrido si sta imponendo rispetto a qualsiasi altro stile di relazione tra impresa e individuo, poiché garantisce una totale flessibilità in funzione di specifiche attività (lavoro individuale, riunione tra colleghi o con persone esterne, meeting online, videoconferenze ecc.) insieme a una dotazione tecnologica professionale e non “casalinga” come quella dell’home working.